lunedì 10 settembre 2007

Hello, I'm your mind giving you someone to talk to

Hello, I'm the lie living for you so you can hide, don't cry...

Eccomi di nuovo in compagnia del mio assordante silenzio. Il vento lancia urla tormentate a cui vorrei aggregarmi, ma non un soffio riesce a liberarsi. Questo silenzio fragoroso con furia mi percuote e mi spoglia di ogni slancio vitale. Sono stanco di assumere la mia dose quotidiana di veleno mortale, non sono più disposto ad assistere alla vita, odio profondamente chi vive perchè io non ne sono in grado. Forse non ho mai saputo farlo, forse nessuno me l'ha mai insegnato. Forse sono così intimorito di scoprire cosa significhi vivere, di svelare l'essenza della felicità, che continuo a proibirmela. Perchè, infondo, l'uomo ha da sempre paura di ciò che non conosce. Sono fatalmente attratto da ogni forma di dolore perchè da sempre è il mio rifugio, è il luogo dell'anima in cui sentirsi al sicuro perchè soli, perchè veri. Se ho costruito qualcosa tra le macerie che popolano il mio cammino, lo devo solo a me stesso, perchè nei momenti di sconforto ho parlato con me stesso, nelle difficoltà ho interrogato me stesso, perchè quando le lacrime solcavano il volto, la mia mano ha accarezzato il viso. La mia probabilmente innata predisposizione per la verità, per la coerenza, per la tolleranza non mi ha restituito che esclusione e negazione. Ringrazio i miei genitori perchè materialmente hanno sopperito ad ogni eventuale mancanza, anche se non recherò mai loro il dolore di informarli che affettivamente, emotivamente, anzi empaticamente, il loro fallimento è stato totale. Il muro invalicabile che ho innalzato tra me e gli altri non è mai stato completamente superato, perchè mai realmente da una parte o dall'altra qualcuno ha tentato la scalata. Ecco perchè la compagnia che preferisco è la mia, ecco perchè mi sento più solo tra la gente che con me stesso. Osservando però le esistenze realizzate di chi mi circonda, ammetto con disappunto che l'ipocrisia dei rapporti, dei sentimenti è un buon viatico per la realizzazione di una pur fragile felicità. Tuttavia, continuo a preferire la mia solitudine d'acciaio ad una felicità di cristallo.


Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio
Sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni,
E versa, abbracciando l'intero giro dell'orizzonte,
Una luce diurna più triste della notte;

Quando la terra è trasformata in umida prigione,
Dove, come un pipistrello, la Speranza
Sbatte contro i muri con la sua timida ala
Picchiando la testa sui soffitti marcescenti;

Quando la pioggia, distendendo le sue immense strisce,
Imita le sbarre d' un grande carcere,
E un popolo muto d'infami ragni
Tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli,

Improvvisamente delle campane sbattono con furia
E lanciano verso il cielo un urlo orrendo,
Simili a spiriti vaganti, senza patria
Che si mettono a gemere ostinati.

E lunghi trasporti funebri, senza tamburi né bande,
Sfilano lentamente nella mia anima, vinta; la Speranza,
Piange, e l'atroce Angoscia, dispotica,
Pianta sul mio cranio chinato, il suo nero vessillo.

C. Baudelaire, Spleen

1 commento:

Unknown ha detto...

Oddea!E' un post bellissimo, vi è scritto tutto quello che sento ma non ho mai saputo esprimere a parole!Scrivi davvero bene, e ti ringrazio per la bellissima frase che mi hai lasciato nel blog!Alma più si fa affidamento esclusivamente su se stessi più è normale che gli altri ci sembrino alieni!Chiudersi nel proprio guscio è sbagliato, ma te lo dice una persona che non fa altro da 18 anni!Grazie!